lunedì 30 gennaio 2012

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Diario da Kabul: tutti uniti per pranzo
19 marzo 2007 22:03

di Alberto Cairo





"Stamani gli impiegati arrivano vestiti a festa.  

Abituato a vederli in camice o tuta, stento a riconoscerli.

Ogni anno, più o meno, in  questo periodo la Croce Rossa Internazionale organizza per loro un pranzo.   

Sono oltre 500 nella sola Kabul. La metà lavora al centro protesi e riabilitazione. Tutti disabili.


    Le ragazze, truccate con cura e tanti colori, sfoggiano gioielli in quantità.

     Si fanno grandi complimenti.  Degli uomini,  molti sono in giacca e cravatta,  l'aria compiaciuta.




 Munir e Najib battono tutti con i capelli  tinti nero pece e il tonic, la permanente.

Si muovono in coppia, vestiti uguali, giubbotto e jeans attillati che rivelano le protesi. Quasi non zoppicano.  

A chi li fissa sorpreso, chiedono innocenti: 

"Si,  che c'è?"



Piccoli profughi Un ragazzino afghano porta sulle spalle il fratellino minore 
- Karabah - Afghanistan


 Alle dodici in punto,  dopo una ripassata allo specchio, tutti pronti.  Si va al Marco Polo, ristorante per sposalizi.

 Ce n'è un'infinità, per ogni tasca, "Occorre prenotare con largo anticipo" spiega Wakil. 

Alle sue nozze, 2 mesi fa, aveva 700 invitanti.: "ho debiti per 5 anni" sospira...

 I camerieri, all'ingresso, sembrano sorpresi non dal gran numero di disabili (a Kabul ce n'è ovunque ), ma dal trovarli tutti in ghingheri.  

L'orchestra suona a un volume che stordisce. 

Siedo accanto a WaKil, completo bianco e cravatta rosa in sintonia con l'arredamento e luci. 

Parla, ma non lo sento. 

Con rapidità, il pranzo  è servito. 

Anche i musicisti mangiano ed è pace.

Mi guardo intorno.  

A destra le donne a sinistra gli uomini, rigorosamente separati. 

E' gia tanto che non abbiano tirato le tende.



    Conosco tutti, alcuni da quasi vent'anni.  

    Gli Afgani sono festaioli. 

    Anche negli anni più cupi , bastava loro un giorno senza spari per convincerli a fare baldoria.  

    Arrivavano tirati a lucido, magari con barbe lunghe una spanna, turbanti o  burka, un orecchio alle bombe, ma non perdevano occasione..

     Ora, intenti a pranzo, sembrano  una grande famiglia armoniosa. 


    Kabul

    La realtà è diversa, etnie, religione, politica, lingua, interessi economici li dividono profondamente.  

    In Afganistan villaggi confinanti sembrano nazioni diverse. 

    Rivalità la regola. 

    Sospetto. 

    Ognuno pensa per sé.  

    Sopravvivere.


     

     Lo stato è debole?  

    Famiglia e Clan  diventano rifugio e difesa,  gli unici. 

    Le fratture sono profonde .

        ...Come ricucirle?      

     ........... L'orchestra riprende. 


    Scappo prima che qualcuno mi inviti a ballare...."


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