lunedì 30 gennaio 2012

Il Triangolo degli schiavi: i lavoratori clandestini in Italia



09 gennaio 2010 01:32
Segretario Pontificio consiglio Migranti,ora responsabilita’



Rosarno. Gennaio 2009














“Ho passato molto tempo con gli immigrati clandestini che d’estate affollano i campi di pomodoro in Puglia.



E’ stata una delle esperienze più importanti della mia vita, ho assistito a scene terribili,



non avevo mai visto maltrattare in quel modo uomini, donne e bambini.







Non avevo mai visto vivere 30 persone in una baracca di 30 metri quadrati senza acqua, senza elettricità e senza gas.



Una mattina mi sono trovato con degli immigrati e mi hanno invitato a mangiare una capra con loro.



L’hanno uccisa davanti a me, squartata e tolto le interiora, ma non c’era acqua per lavarla e allora l’hanno lavata con la fiamma ossidrica, l’hanno disinfettata con il fuoco mentre io reggevo una zampa dell’animale facendo finta di niente. Un odore terribile. Poi hanno tolto di mezzo i materassi lerci dove avevano passato la notte e hanno montato un fornello su un tavolino grazie al quale la carne è stata bollita. L’abbiamo mangiata assieme condita con un filo d’olio. Non era male.







Ad essere sincero qualcosa di molto simile l’ho vissuta attraverso i racconti di mia nonna che mi hanno sempre parlato dei problemi dei braccianti degli anni ‘50. I miei nonni erano molto poveri però nessuno li schiavizzava.



E invece in Puglia, ma anche in altre aree del Sud e del ricco Nord Est, si assiste allo sfruttamento più bieco degli esseri umani.



Vengono trovati i corpi straziati e senza vita ai bordi delle strade mentre lo Stato fa poco o niente per arginare il problema e tutto questo mentre, a poche centinaia di metri, cittadini italiani, si comportano come se niente fosse.



Ci si affretta a prendere i figli a scuola, a fare la spesa, ad andare in palestra, in piscina, a lezione di pianoforte, ci si ama facendo finta di non vedere che a pochi metri sono tornati gli schiavi.







Ulderico Pesce
dal blog di RITA PANI
19 gennaio 2010 23:16
(...) Esci facendo fatica perché hai già letto i giornali che non ti predispongono all’ottimistica visione del futuro.

In mente la notizia di una donna – una barbona – gentilmente chiamata clochard, violentata e poi ammazzata a calci e pugni.

La fabbrica della Dainese, l’abbigliamento di Valentino Rossi pagato milioni anche per scorreggiare, chiude in Italia lasciando a terra ottanta famiglie, per riaprire in Tunisia.

Il localino con la grotta dove ogni tanto ti piaceva portare la tua amica Maria a mangiare gli gnocconi, pensa di chiudere.

Poi il racconto della festa di Sant’Antonio, la benedizione di anatre e caprette, cani e gatti, e il pranzo organizzato dalla parrocchia, in un locale niente male immerso nel verde della campagna umbra. Il fedele che a un certo punto, tra un bicchiere di vino e un morso al cinghiale dice al prete:
“Don Tiziano, non sarebbe il caso di pensare a organizzare una colletta per Haiti?”

E il prete, bergamasco, che risponde:

“non è già tanto che ci pensiamo?”

continua qua....

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